Per massimizzare la naturale capacità che gli alberi hanno nel contrastare le patologie è fondamentale riuscire a ottimizzare le caratteristiche del terreno in cui sono radicate, consentendo inoltre di ridurre al minimo i fenomeni di risalita delle radici e del danneggiamento delle pavimentazioni, evento molto frequente in ambito urbano.
Migliorare le caratteristiche del terreno vuol dire ripristinare una corretta struttura e permeabilità, riducendo i fenomeni di compattazione e ristagni idrici, fornendo il giusto spazio e ossigenazione alle radici, ristabilire il corretto apporto di sostanza organica, idonei pH e grado di umidità, grazie ai quali gli alberi potranno produrre nuove radici di tipo assorbente. Questo è possibile grazie all’innata capacità che hanno diverse specie di generare nuove radici, a seguito del rinnovamento del terreno.
Anche se ogni caso è peculiare e a sè stante, generalmente risulta molto utile analizzare il terreno per evidenziare o confermare carenze di tipo nutrizionale (macro e microelementi), e per acquisire informazioni fondamentali (pH, CSC, % calcare, C.E., % S.O., tessitura ecc.) su cui progettare eventuali interventi migliorativi.
La porzione di terreno che viene indagata e trattata, di solito, è l’area interna alla “zona di interferenza con l’albero” (Z.I.A.) di raggio pari a 5 volte il diametro dell’albero misurato a petto d’uomo. Quindi per esempio se l’albero ha un diametro di 90 cm si considera un cerchio di raggio 450 cm .
La metodologia che viene comunemente impiegata per decompattare i terreni è quella dell’Airspade, una lancia, con un apposito ugello, collegata ad un compressore da cantiere che permette di produrre un potente getto d’aria il quale consente di scavare senza arrecare danni ai capillari. A questa operazione spesso si unisce l’ammendamento tramite l’aggiunta di materiali inerti specifici (come la sabbia di fiume) e sostanza organica (terriccio compostato).
La tecnica ideale per la somministrazione di micorrize (vedi oltre) e biostimolanti, nelle prossimità degli apparati radicali delle piante, evitando di alterare i delicati equilibri creati nel tempo, tra la moltitudine di organismi presenti all’interno della rizosfera, prevede l’utilizzo del palo iniettore.
Gli apparati radicali delle piante arboree sono soggetti a complesse relazioni con i microorganismi del suolo, tra cui, fondamentali risultano quelle mutualistiche con i funghi micorrizici. Si tratta di relazioni simbiotiche, da cui traggono benefici entrambi i soggetti e che permettono l’ottimizzazione dell’assorbimento di acqua e nutrienti dal terreno a vantaggio della pianta nonché il condizionamento positivo sulla sua salute in generale (ectomicorrize).
I vantaggi ottenibili dalla micorrizazione sono i seguenti:
– acquisizione di nutrienti presenti in forme normalmente non disponibili per le piante (azoto e fosforo nei composti organici);
– capacità di abbattere la presenza di sostanze inquinanti o tossiche (composti fenolici e metalli) del suolo;
– protezione dagli stress idrici;
– protezione nei confronti di funghi parassiti e nematodi;
– produzione di fitormoni;
– contributo al miglioramento della struttura del terreno;
– influenza nella popolazione microbica del suolo;
– benefici dovuti alla produzione di fitormoni;
– accumulazione di nutrienti;
– costituzione di reti nutrizionali;
Se necessario viene effettuato il taglio della necromassa radicale, valutando caso per caso e limitandosi alle radici che non hanno funzione di ancoraggio al suolo; il taglio va effettuato con attrezzi affilati e disinfettati, operando tagli netti in prossimità delle biforcazioni di forma rotonda o debolmente ellittica, senza alcuna slabratura o distacco del ritidioma, meglio se inclinata verso il basso. La superficie di taglio, soprattutto se più ampia di qualche centimetro, va coperta tempestivamente di terriccio umido.